L’arte paleocristiana

Il passaggio dall’età antica all’età medievale fu segnato da due rivoluzioni fondamentali: una ideologico-culturale e una politico-istituzionale. La rivoluzione ideologico-culturale fu la sostituzione delle religioni pagane con la religione cristiana. La rivoluzione politico-istituzionale fu determinata dalla calata dei barbari, che provocò la fine dell’impero romano d’occidente.

Questi due eventi hanno definitivamente chiuso un’epoca storica. Con la scomparsa del mondo antico anche l’arte cambiò profondamente e radicalmente. La prima grande innovazione fu l’abbandono della visione naturalistica, per un’arte di tipo antinaturalistica. Non solo scomparve il concetto della mimesi, fondamento dell’arte classica, ma scomparve soprattutto il concetto di bellezza. Il bello, con la nuova religione cristiana, perse di valore, divenendo anzi un non-valore, in quanto legato all’effimero piacere dei sensi.

Bisogna ricordare che la nuova religione cristiana diede per la prima volta all’uomo una sostanza spirituale eterna: l’anima. E con questo nuovo concetto aprì un dualismo di profonda ed intensa dialettica tra il corpo e l’anima, ovvero tra la forma e il contenuto. Il primo divenne solo il contenitore, imperfetto e corruttibile, dell’anima, la vera essenza umana. Il piano dei valori venne spostato a quello unicamente spirituale. Tutto ciò che poteva produrre piacere ai sensi, venne visto con sospetto, se non con aperta avversione. E così l’arte perse una delle sue principali funzioni: quella del piacere estetico.

Tuttavia la religione cristiana non ha mai rifiutato l’arte figurativa. L’ha anzi favorita ed ampiamente utilizzata, ma dandole una funzione ben precisa ed univoca: quella dell’insegnamento religioso. Una funzione quindi didattica o didascalica, che utilizzando le immagini delle divinità e il racconto delle loro storie, cercava di insegnare i fondamenti e i precetti della nuova religione ad un più ampio pubblico possibile. All’arte venne riconosciuta la funzione di comunicare con gli analfabeti. Con coloro che non potevano apprendere la dottrina dalle scritture, ma che, guardando le immagini sacre, potevano conoscere la nuova religione.

Considerando che un’opera d’arte è sempre un’unione inscindibile di contenuto e forma, si può affermare che, con la cultura cristiana, protagonista della rappresentazione artistica divenne solo il contenuto. E ciò fu in sostanza la più grande frattura che si creò con l’arte classica, la quale aveva sempre privilegiato la forma sul contenuto.

L’arte paleocristiana si sviluppò in tutte le regioni interessate dalla nuova religione, in un periodo compreso tra il I e V secolo. È un periodo in cui l’arte classica ha ancora vitalità e sviluppo sotto la sfera della egemonia culturale di Roma. Ed è un periodo in cui si creò una consonanza di fondo tra arte classica e paleocristiana. Entrambe hanno caratteri della comunicazione eminentemente narrativa e popolare. Ciò che le distingue è che l’arte romana è tesa alla propaganda di ideologie politiche e civili, l’arte paleocristiana è tesa alla propaganda di ideologie religiose ed etiche. La prima è funzionale al culto della personalità dell’imperatore e alla legittimazione del suo potere, la seconda al proselitismo e alla conversione.

Anche la forma di rappresentazione rimase sostanzialmente identica. La prima arte paleocristiana non differisce stilisticamente dall’arte romana, ma ne imita schemi compositivi e tecniche esecutive. In questa fase, appare evidente che l’arte funziona soprattutto come linguaggio. L’arte paleocristiana non rischia di inventarsi un suo linguaggio, che poteva non cogliere l’obiettivo della massima divulgazione, ma si affida ad un linguaggio già collaudo: quello appunto dell’arte classica in versione romana.

Ciò che l’arte paleocristiana inventa, è la trasformazione dell’immagine in simbolo. Con l’arte paleocristiana iniziano quelle funzioni comunicative della allegoria e della metafora, che separano il senso letterale dal contenuto vero della comunicazione. Allegoria e metafora erano già ampiamente presenti nella produzione artistica precedente, ma è solo con il cristianesimo che assurgono a pratica universale.

Il simbolo, nella sua duplice significazione di allegoria e metafora, fu un parametro che condizionò tutta la produzione artistica del medioevo.

L’arte paleocristiana sostituì man mano l’arte classica, e questo suo progressivo affermarsi avvenne principalmente dopo il 313, anno in cui, con l’editto di Costantino, la religione non fu più perseguitata dalla legge romana. Prima di tale data l’arte paleocristiana è un fenomeno quasi illegale, e in ciò si giustifica anche il suo totale ricorso all’allegoria e alla metafora, così da nascondere il reale messaggio dell’opera d’arte in una spiegazione apparentemente diversa. Dopo il 313, l’arte paleocristiana, finora manifestatasi solo come arte figurativa in luoghi nascosti quali le catacombe, si avvicina ad un altro ambito artistico: quello dell’architettura. E qui vi apportò una grande innovazione.

Mentre le religioni pagane hanno sempre considerato il tempio come la casa della divinità, e quindi, in questa sua sacralità, inaccessibile ai comuni fedeli, la religione cristiana ha considerato l’edificio di culto come la casa del popolo di Dio, e quindi accessibile a tutti. Con la fine del classicismo scomparve definitivamente la tipologia del tempio, per essere sostituito da quello della chiesa. Ma, anche la chiesa, non nacque da una nuova invenzione, ma fu il riadattamento di una tipologia già esistente presso gli antichi romani: quella della basilica. La basilica, per gli antichi romani era un vasto edificio coperto, con finalità civili. Una specie di tribunale. I primi cristiani adattarono questo edificio a luogo di culto. La sua ampia spazialità interna ben si prestava a contenere vaste masse di popolo che potevano assistere alla celebrazione delle liturgie evangeliche.

La scelta della basilica quale nuovo edificio di culto, non fu dettata solo da una esigenza funzionale, ma anche da una esigenza di immagine. Il tempio era visivamente troppo legato al concetto di religione pagana. Se i cristiani avessero edificato un tempio al loro dio, non avrebbero affermato quella grande novità che li contraddistingueva dalle altre religioni pagane. Il dio dei cristiani è unico, e non può entrare in un pantheon di dei considerati falsi. La basilica servì così ad affermare la discontinuità della religione cristiana rispetto alle altre religioni esistenti.

L’architettura paleocristiana

Gli eventi storici che dettero una svolta all’architettura, come alla cultura artistica in genere, avvennero agli inizi del IV sec. d.C. L’imperatore Costantino fu protagonista dei due fatti essenziali: nel 313, con l’editto di Milano, ufficializzando la religione cristiana, dette le premesse perché questa religione creasse una sua arte; e nel 330, spostando la capitale dell’impero da Roma a Bisanzio, dette impulso a quelle tendenze che da allora presero il nome di arte «bizantina».

L’ellenismo, e con ciò si definisce il movimento culturale che si diffuse in tutto il bacino del Mediterraneo ed oltre a seguito delle conquiste di Alessandro Magno, aveva diffuso l’arte greca. L’arte romana, debitrice in molte sue manifestazioni dall’ellenismo, nei primi due secoli della nostra era, aveva sintetizzato in sé l’eredità greca. Ma, con la nascita dell’arte bizantina, l’oriente ritrovò una sua strada che la portò ad esiti diversi rispetto all’occidente.

In effetti, all’indomani di questi eventi, poco o nulla cambia: i percorsi artistici, per quanto paralleli, rimangono ancora omogenei. La gran differenziazione avvenne solo tra V e VI secolo, quando la caduta dell’impero romano d’occidente (476), a seguito delle calate dei barbari, creò in occidente una netta soluzione di continuità nelle esperienze artistiche.

La cultura artistica, sia in occidente sia in oriente, nei primi anni dopo l’età costantiniana, è impegnata a trovare una strada per la riconversione religiosa. In campo architettonico il problema si pone nel trovare una nuova tipologia d’edificio sacro. Il tempio classico non poteva certo andare bene. Vi era un problema d’immagine: il tempio era troppo legato ad una concezione religiosa politeistica che non faceva differenza tra un dio ed un altro. Se la religione cristiana avesse scelto come edificio religioso il tempio classico, poteva far credere che il loro era solo un nuovo dio. L’azzeramento delle credenze pagane, che il cristianesimo richiedeva, andava quindi affermato con decise soluzioni di discontinuità, da adottarsi anche nell’edilizia religiosa.

I primi luoghi di culto per i cristiani erano stati le «domus ecclesiae» o le catacombe: edifici non creati per specifiche esigenze di culto o liturgiche, ma che rappresentano un primo caso di riutilizzo funzionale – a volte succede che alcuni edifici nascono per uno scopo ma sono utilizzati per altre funzioni. Le catacombe, in particolare, si legavano al momento di maggior persecuzione del cristianesimo, che quindi trovava nei cimiteri sotterranei luoghi occulti per praticare le funzioni sacre.

Dal 313 in poi, la possibilità, di edificare propri edifici, fu sfruttata dai cristiani con l’edificazione di chiese, che mutuavano dall’edilizia romana due tipologie: la basilica e il mausoleo. La basilica (tav. 21), si è detto, era un edificio già inventato dai romani, ma non per scopi religiosi bensì civili: era in pratica una specie di tribunale. Aveva uno sviluppo longitudinale (in pratica aveva una forma rettangolare con una dimensione prevalente sull’altra), era diviso in più navate da file di colonne ed era coperto in genere con capriate lignee. Alle estremità dei lati corti si aprivano verso l’esterno due spazi semicircolari, dette absidi. La navata centrale, più larga, risultava anche più alta, rispetto alle laterali, così da permettere l’apertura di finestre nella parte superiore del muro, che illuminavano dall’alto lo spazio centrale. Questo edificio derivava, a sua volta, dalle «basiliké stoá» di origine greca: i portici cioè che circondavano le agorà, le piazze delle città greche. I romani, nel creare la tipologia della basilica, altro non fecero che finir di coprire lo spazio tra i portici con colonne che sostenevano dei tetti di legno.

La basilica dei cristiani non differiva in nulla da quelle costruite dai romani: com’era già avvenuto con le catacombe, si limitarono a cambiar la funzione ad un edificio nato per altri scopi. Se la scelta dei cristiani cadde sulla basilica, e non su un altro edificio, fu soprattutto per un motivo: a differenza del tempio classico, che era solo la casa del dio e cui i fedeli non potevano accedere, la chiesa cristiana era anche la casa del popolo di dio, in cui tutti i fedeli dovevano poter accedere. Ecco quindi il motivo di scegliere come proprio edificio religioso la basilica, perché tra gli edifici noti era quello che consentiva di raccogliere al proprio interno il maggior numero di fedeli.

Ma non tutte le chiese hanno le stesse esigenze liturgiche: alcune erano costruite solo per conservare il sepolcro di un santo, o per ricordare il luogo di un evento miracoloso o simbolico. In questo caso, avendo minor esigenza di raccogliere masse di fedeli, la chiesa si orientò verso la tipologia dei mausolei romani: costruzioni, per lo più rotonde, che servivano a sepolcro di un personaggio importante.

Inizia così la differenziazione, negli edifici religiosi, tra quelli a pianta longitudinale e quelli a pianta centrale. I primi, come nel caso delle basiliche, hanno una dimensione prevalente sull’altra; i secondi, come i mausolei, hanno forma geometrica più regolare, tendente ad avere dimensioni uguale su tutti i lati, quali il cerchio, il quadrato, l’esagono, l’ottagono, e così via.

Benché entrambe le tipologie sono state praticate in occidente e in oriente, si nota una certa preferenza, da parte dell’impero bizantino, per le tipologie a pianta centrale. Le chiese costruite in oriente, cercarono sempre di tendere alla pianta centrale, anche quando ebbero degli sviluppi più allungati. In questa preferenza si nota un diverso atteggiamento culturale: si rivestiva di maggior significati simbolico-allegorici l’edificio religioso, di quanto non avveniva in occidente, dove l’esigenza funzionale ebbe in genere il sopravvento. I cambiamenti formali delle chiese occidentali registrarono in maniera molto sensibile le variazioni delle liturgie. Le chiese bizantine o ortodosse (dall’anno mille la chiesa d’oriente si scisse da quella romana per seguire una diversa impostazione liturgica) rimangono invece più simili a sé stesse, pur nel corso di numerosi secoli, per un atteggiamento sicuramente più tradizionalista ma anche più legato all’immutabilità come principio di identità.

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