L’arte bizantina

L’arte bizantina

L’imperatore Costantino fu protagonista dei due eventi principali che contribuirono a chiudere il mondo antico, e che aprirono gli scenari futuri del mondo medievale. Fu egli ad emanare, nel 313, l’editto di Milano, con il quale fu liberalizzato il culto della religione cattolica. Successivamente, intorno al 330, spostò la capitale dell’impero da Roma a Bisanzio, che, divenuta capitale, prese il nome di Costantinopoli.

Alla morte di Costantino, l’impero iniziò quel processo di divisione, che avrebbe portato alla costituzione dell’impero romano d’Oriente, con capitale Costantinopoli, e dell’impero romano d’Occidente, con capitale Roma e, per un periodo, Milano. La sorte di questi due imperi ebbe esiti molto diversi. L’impero romano d’occidente, sotto la pressione e le invasioni dei barbari, scomparve nel 476, per lasciare una situazione di desolante azzeramento culturale ed artistico, oltre che politico e sociale.

L’Impero Romano d’Oriente, anche noto come impero bizantino, sopravvisse per ben altra durata, e, con alterne vicende, si è estinto solo nel XVI secolo con la conquista da parte degli ottomani. Questo impero, pertanto, ha rappresentato per tutto il medioevo il vero erede della cultura figurativa del mondo antico, pur se ha dirottato questa eredità ad esiti che non hanno più nulla in comune con l’arte classica.

La base della cultura artistica bizantina fu la religione cristiana, ma interpretata con connotati teocratici e assolutistici. In una condizione ideologica molto serrata e statica, la religione veniva vista come «rivelazione». La venuta di Gesù nel mondo aveva rivelato il vero ordine dell’universo, e a questo ordine bisognava adeguare il tutto. Dio non solo era unico, ma era il concetto stesso di «assoluto». Una entità perfetta, ed ovviamente immutabile nella sua perfezione. E questo concetto di immutabilità sembrò pervadere ogni manifestazione di vita sociale e culturale.

Fu negato il concetto di storia come divenire, ed in ciò si produsse la maggiore frattura con l’eredità tardo-romana, ed occidentale in genere. L’arte, quindi, non doveva essere narrativa. Non doveva «raccontare» storie, ma doveva rappresentare l’«epifania del divino». Il divino era qualcosa di astratto, per sua natura, perché immateriale. Pertanto la sua rappresentazione non doveva seguire le leggi fisiche della nostra percezione sensoriale, ma quelle della visione interiore.

I punti fondamentali della tecnica pittorica bizantina furono:

  1. gli sfondi dorati: essi servivano a dare alle immagini sacre un valore assoluto, in quanto le astraevano da qualsiasi contesto spaziale o temporale;
  2. la ieraticità dei volti: espressioni, quindi, sempre immutabili e fisse, dove la divinità veniva intesa nell’assenza di qualsiasi emozione interiore, passionalità o tratto psicologico;
  3. l’assenza di tridimensionalità: le figure, proprio perché rappresentavano enti immateriali, non potevano avere lo spessore tipico delle cose terrene, ma apparire come immagini proiettate, come apparizioni diafane ed evanescenti.

L’arte bizantina, pur mantenendosi pressoché costante per tutti i suoi mille e più anni di storia (fenomeno riscontrabile solo nell’arte dell’antico Egitto), ebbe diverse fasi. Di particolare significato fu soprattutto il periodo iconoclasta, compreso tra il 730 e l’843. In questo periodo la cultura teocratica bizantina portò agli estremi limiti la sua concezione di assolutezza spirituale degli enti divini, negando la possibilità e la plausibilità di una loro rappresentazione in immagine. In questo periodo avvenne una notevole diaspora di artisti, che da Costantinopoli furono costretti a trasferirsi altrove, in particolare nell’Europa occidentale. L’incontro della cultura bizantina con quella occidentale produsse notevoli influenze reciproche. Da questo momento l’arte bizantina acquistò un maggior interesse per la narrazione, mentre la cultura occidentale, grazie agli artisti bizantini ebbe modo di riallacciarsi a quell’eredità dell’antico, scomparsa in occidente dopo il crollo dell’arte classica.

L’arte bizantina, dopo la scissione della chiesa d’oriente da quella d’occidente, rimase come il linguaggio figurativo proprio della cristianità ortodossa, sopravvivendo in tutti quei paesi (soprattutto dell’Europa orientale, dalla Grecia alla Russia) in cui tale religione è ancora presente.

L’architettura bizantina

L’architettura bizantina partì anch’essa dall’eredità culturale tardo-romana, ma la sua attenzione si fissò su due aspetti in particolare: la spazialità e la costruzione delle cupole.

La tarda antichità romana era stata sempre più sensibile alla resa spaziale interna della propria architettura. I bizantini trovarono invece una loro cifra personale dello spazio grazie all’impiego dei mosaici.

I romani avevano preferito rivestire i loro edifici di marmo o con affreschi. Il marmo creava effetti decorativi cromatici molto suggestivi. Gli affreschi romani, a volte imitavano l’apparenza delle superfici marmoree, a volte invece aprivano idealmente lo spazio a visioni che andavano illusionisticamente di là dal limite delle pareti. Era, quest’ultimo caso, un tentativo di «allargare» la percezione dello spazio oltre il limite dei muri.

I mosaici bizantini uniscono la bellezza delle superfici marmoree alle illusioni spaziali. Ma lo fanno senza «aprire», oltre i limiti dei muri, con visioni spaziali tridimensionali: annullano semplicemente i muri grazie al riverbero dei loro mosaici dorati, che creano un’illusione di continuità tra lo spazio interno e i suoi limiti murari.

La tipologia di copertura preferita dai bizantini fu la cupola. Questa, già impiegata dai romani, aveva però un limite: richiedeva un muro continuo circolare per il suo sostegno. La grande innovazione dei bizantini fu il riuscire a costruire cupole circolari su piante quadrate. Ciò avveniva attraverso quattro triangoli sferici, detti «pennacchi» (tav. 23). Una volta trovata la soluzione di raccordare la pianta di una cupola, che rimane circolare, con una pianta quadrata, fu possibile creare edifici con più ambienti coperti con cupole. Infatti, la pianta quadrata può anche aprirsi sui quattro lati, attraverso la costruzione di archi, così che in pratica la cupola, attraverso i pennacchi, viene a scaricare il proprio peso solo sui quattro pilastri d’angolo. In tal modo, possono accostarsi più cupole, a formare ambienti comunicanti.

Il capolavoro dell’architettura bizantina, fu l’erezione della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli (tav. 24). L’immensa cupola che copre lo spazio centrale – la più grande cupola mai costruita con sistemi tradizionali –, fu realizzata al terzo tentativo, dopo che le due realizzate precedentemente crollarono. Ciò dà il senso della grande sperimentazione necessaria per realizzare un’opera d’ingegneria che resterà insuperata nel mondo antico.

L’influenza dell’architettura bizantina si diffuse sia in oriente sia in occidente. Qui fu presente soprattutto nel periodo dell’alto medioevo, nei territori da loro direttamente dominati – Ravenna, in particolare, ma anche la Calabria e le Puglie – o che avevano con Costantinopoli intensi scambi culturali, quali Venezia. Nell’Europa orientale la sua influenza permase in tutti i territori di religione ortodossa, quali la Russia o le regioni balcaniche e danubiane, fino al crollo dell’impero bizantino (1453), e in qualche caso, anche dopo tale data. Nei territori medio-orientali ed africani, l’influenza dell’architettura bizantina scomparve quando questi territori furono conquistati, tra il VII e il IX secolo dall’Islam.

S.Irene da Costantinopoli

 

Santa Irene pianta e sezione

Santa Sofia a Costantinopoli

 

L’architettura bizantina a Ravenna

Le chiese che i bizantini costruirono a Ravenna, quando questa città fu capitale del loro Esarcato – VI-VIII secolo –, furono degli autentici capolavori, in un periodo peraltro povero di realizzazioni architettoniche. Utilizzarono entrambe le tipologie allora in uso: quella basilicale, per Sant’Apollinare in Classe o Sant’Apollinare Nuovo, e quella centrale, per il battistero degli Ortodossi ma soprattutto per il San Vitale (tav. 22). Quest’ultima chiesa – il maggior capolavoro bizantino dopo Santa Sofia di Costantinopoli –, con la sua pianta ottagonale coperta con una cupola, rimane uno dei modelli più apprezzati di questa architettura. Essa univa le principali tendenze artistiche di questa cultura: la pianta centrale con copertura a cupola, e i rivestimenti musivi, che creavano suggestivi effetti di percezione spaziale.

L’architettura bizantina è quasi del tutto priva di decorazioni plastiche, preferendo rivestire le superfici di mosaici. La poca decorazione di elementi lapidei venne per lo più realizzata non a basso rilievo ma con lavoro di traforo e sottosquadro. Tra gli elementi che furono così trattati vi furono i capitelli ed i pulvini. Il pulvino è un’invenzione bizantina, che ebbe poi applicazione in tutto il periodo medievale. Era l’elemento lapideo che permetteva di raccordare spessori di muri notevoli a colonne di più piccolo diametro. In pratica divenne quasi un secondo capitello con forma e decorazione più libera rispetto all’altro capitello che, secondo la tradizione classica, costituiva un tutt’uno con la sottostante colonna.

Sezione, pianta, capitelli, base di colonna e mosaico della basilica di San Vitale a Ravenna

San Vitale a Ravenna. Pianta e Sezione.

San Vitale a Ravenna

Basilica di San Vitale a Ravenna. Veduta verso il presbiterio

Basilica di san Vitale a Ravenna. Le esedre e i matronei.

 

 

 

 

 

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