L’arte greca

L’arte greca

La periodizzazione dell’arte greca

Nell’ambito delle civiltà antiche, la civiltà greca ha fornito una accelerazione notevole a molti ambiti del pensiero e della cultura. Dalla filosofia al teatro, dalla poesia alla matematica, non c’è stato ambito della conoscenza che non sia stato esplorato dagli antichi greci. Da un contesto così vivace e produttivo, non rimane esclusa nessuna attività artistica. La scultura venne portata a livelli insuperabili; la pittura raggiunse obiettivi mai neppure tentati; l’architettura perfezionò talmente le sue forme, da rimanere eredità valida per molti secoli a venire.

Nella grande parabola dell’arte greca, si possono distinguere diversi periodi, che segnano l’evolversi delle conquiste tecniche ed artistiche di questa civiltà. In sintesi, possiamo suddividere l’arte greca in tre periodi fondamentali:

            1. periodo di formazione

            2. periodo di maturazione

            3. periodo di diffusione.

1. Il periodo di formazione va dal 1100 al 650 circa a.C. In questa fase si assiste ad una produzione artistica ancora legata a schemi rudimentali, dove predomina una stilizzazione geometrica di fondo, memore ancora della produzione che in queste zone avvenne in età neolitica e del bronzo, e che va sotto il nome di arte cicladica. Una ulteriore partizione di questo periodo può essere sinteticamente fatta tra due periodi principali:

il periodo geometrico (XI-VIII sec. a.C.): in cui predomina uno stile astratto e decorativo, ottenuto con motivi geometrici. Anche la figura, sia umana che animale, venne resa con una geometrizzazione costruttiva, che tendeva a rendere le varie parti di un corpo a figure elementari quali il triangolo, il trapezio, il cono, il cilindro, la sfera, eccetera.

il periodo orientale (VII sec. a.C.): in questo periodo, sotto l’influenza delle grandi culture orientali, si iniziò a produrre la grande statuaria e l’architettura monumentale dei templi.

2. Il periodo della maturazione, (dal 650 al 330 circa a.C.) vede l’arte greca raggiungere le alte vette di una espressione artistica piena e matura, e che resterà insuperata in tutto il mondo antico. In base all’evoluzione stilistica, questo periodo, di eccezionale fioritura, può essere suddiviso nei seguenti periodi:

il periodo arcaico (650-480 a.C.): è il periodo in cui iniziò a mostrarsi l’autonomia del gusto greco, nel momento in cui le influenze orientaleggianti erano pienamente superate.

il periodo severo (480-450 a.C.): fase di transizione dal periodo arcaico a quello classico, in cui emergono le grandi figure di scultori quali Mirone e Policleto, ed inizia la grande statuaria in bronzo.

il periodo classico (450-400 a.C.): coincide con l’età di Pericle, e con la realizzazione, sull’acropoli di Atene delle grandi opere di Fidia, Ictino e Callicrate. È il momento di maggior equilibrio estetico dell’arte greca, ed è quello che è stato sempre considerato di maggior perfezione.

il periodo del secondo classicismo (400-323 a.C.): è il periodo che va dalla guerra del Peloponneso alla morte di Alessandro, e rappresenta una fase di maggior interesse problematico, in cui si assiste alla progressiva ricerca di un espressionismo maggiore, meno legato alla pura forma estetica.

3. il periodo della diffusione (323 – 31 a.C.): è la fase in cui l’arte greca non è più lo stile nazionale di alcune città greche e delle loro colonie, ma diviene uno stile internazionale, diffuso in tutta l’area del Mediterraneo ed oltre.

A questo periodo si dà, di solito, il nome di arte ellenistica. Esso va convenzionalmente dalla morte di Alessandro alla battaglia di Azio, quando i romani divennero i padroni assoluti di tutte le principali aree in produzione ellenistica.

Da questo momento, l’ellenismo di fatto non scompare, ma viene assorbito da quell’arte romana, che divenne l’erede del mondo artistico dei greci.

Il «classico»

L’arte greca si lega indissolubilmente con il concetto di classico. Al termine classico, più che l’individuazione cronologica di un periodo storico preciso, va richiesto il contenuto estetico di una particolare visione dell’arte. Il classico, possiamo dire, si lega al concetto di perfezione assoluta. È classica un’arte non suscettibile di valutazioni contingenti o relative, quali fenomeni di gusto individuali e soggettivi, ma ispirata a valori universali ed eterni, che daranno sempre un sereno godimento estetico.

Come giunse l’arte greca ad un simile risultato? L’arte greca, benché avesse l’eredità della cultura minoica-micenea come base di partenza, in realtà, iniziò il suo autonomo percorso agli inizi del 1000-1100 a.C., quando il Peloponneso fu invaso dai Dori. L’arrivo di queste nuove popolazioni, comportò lo spostamento degli achei e degli ioni verso est: verso le isole cicladiche e la costa turca. I dori, popolo di origine rurale esente da raffinatezze estetizzanti, portò inizialmente ad un apparente decadimento della produzione artistica, rispetto all’ultima produzione sub-micenea. In realtà, in questa fase si affermò una nuova visione del manufatto artistico, in cui prevaleva la volontà di affidarsi alla matematica e alla geometria. Lo spirito matematico, pur quando si esaurì la fase detta «periodo geometrico», rimase una costante della visione artistica greca, anche nei periodi successivi, come poi vedremo.

Vi era, in questo atteggiamento, le premesse per lo sviluppo del razionalismo greco. In questa fase, la produzione artistica, ridotta a sperimentazioni geometriche, finì per produrre oggetti e rappresentazioni del tutto antinaturalistiche, in cui prevaleva una schematizzazione geometrica di tipo quasi astratto.

L’inversione di tendenza avvenne nel cosiddetto «periodo orientale», quando l’arte greca venne a spostarsi sul piano delle arti orientali, in cui prevaleva la rappresentazione volumetrica e la produzione della grande statuaria. L’arte greca iniziò a convertirsi al naturalismo, ma senza perdere il suo essenziale spirito matematico. E così ottenne risultati superiori a qualsiasi altro stile antico.

Uno dei concetti guida del naturalismo greco è la proporzione. La proporzione è anche una formulazione matematica: essa stabilisce l’uguaglianza di due rapporti.

a : b = c : d

Gli artisti greci non si limitano ad osservare il corpo umano. Lo misurano, per individuare i rapporti numerici, che esistono tra una parte e l’altra, e tra le singole parti e il tutto. Arrivarono così a definire che, in un corpo perfetto ed armonico, la testa, ad esempio deve essere l’ottava parte dell’altezza. Cioè:

testa : altezza = 1 : 8

Dopo di che, la statua, indipendentemente dalla sua dimensione, risulterà proporzionata, se rispetta il medesimo rapporto. Ossia:

rapporti della rappresentazione = rapporti della realtà

L’arte greca classica non potrebbe essere più naturalistica. Ha una tale fiducia nel suo spirito di razionalizzazione, che annulla anche il problema della percezione: cerca di rappresentare la realtà, depurata da qualsiasi forma di soggettivismo sia percettivo sia interpretativo. Giunge così, nella statuaria, a risultati che, sul piano della fedeltà anatomica, non ha eguali.

Il concetto di proporzione fu alla base dell’istituzione del canone di Policleto, ma fu anche alla base degli ordini architettonici. Canone ed ordini divennero, quindi, strumenti normativi che fissavano le leggi e gli ambiti in cui poteva muoversi la creatività artistica. Essi contribuirono molto a definire l’omogeneità stilistica dell’arte greca, pur restando un astratto strumento matematico.

Ma il concetto di classico non si limita qui. Non si limita ad una razionalizzazione dei metodi e delle procedure artistiche, che, in fondo, avrebbero portato solo a conquiste tecniche, per una migliore rappresentazione mimetica. Il classico va oltre.

La realtà umana ha infinite forme: gli individui. Alcuni possono essere belli, altri meno. Copiando l’individuo, si avrebbe la rappresentazione di un uomo. L’artista greco, invece, vuole rappresentare l’uomo, ossia il limite perfetto a cui può giungere la forma umana. E a ciò, giunge per approssimazioni successive: sceglie le parti migliori, che riesce ad individuare nei singoli individui, e le assembla.

Perché i greci volevano rappresentare l’uomo? Sicuramente perché intesero sempre la conoscenza come conoscenza universale. Un simile atteggiamento li portò alla formulazione del mito, come racconto archetipo, in cui non importa la verità ma la verosimiglianza, dove ciò che conta non è il ricordo di un fatto particolare, ma l’espressione di un significato universale. La rappresentazione dell’uomo ideale, non è altro che una ricerca del mito.

Ma, oltre che forma, il corpo umano è anche movimento. Può modificare il proprio aspetto in base alla posa, all’espressione del viso, ai gesti che compie. Ed anche qui, il classico è tale perché ricerca il momento di maggior armonia formale. Quell’istante, che prende il nome di momento pregnante, di grande concentrazione interiore, o di assenza di emozioni, che rendono eterno un singolo istante.

Proporzione ed armonia: queste sono le due ricette principali dell’arte classica. E da allora, nel successivo sviluppo dell’arte occidentale, sono divenute le caratteristiche di qualsiasi «classico». Inutile dire che, per la grande fortuna di cui ha goduto, il «classico» è divenuto sinonimo di perfezione. È divenuto l’espressione di principi e valori senza tempo; di una bellezza, in sostanza, che fosse esente da mode passeggere.

Finalità dell’arte, artisti, democrazia

Se l’arte egizia ci appare statica ed immutabile, nella sua stereotipa ripetizione, l’arte greca ci appare, per contro, dinamica ed evolutiva. La concezione con cui si guarda al fenomeno dell’arte greca, è quello tipico della «parabola»: una fase crescente, una fase apicale, ed una fase discendente. L’arte egizia potrebbe, invece, con analogo paragone geometrico, essere paragonata ad una retta orizzontale. I motivi di questa differenza furono essenzialmente due.

Il primo motivo fu di ordine politico: l’arte egizia, abbiamo visto, risentiva della subordinazione ad un potere politico forte, e come tale, finì per adeguarsi alla generale visione di sudditanza e mancanza di libertà; per contro, l’arte greca ricevette benefico impulso dal clima di democrazia in cui fiorì. La Grecia, pur essendo una nazione, non divenne mai uno stato, e si organizzò secondo una visione municipalistica (le polis), che garantiva una più diretta partecipazione alla vita politica delle classi sia aristocratiche sia borghesi. L’idea che l’arte sia ricerca del nuovo, e quindi evoluzione qualitativa secondo una dinamica di sperimentazione, è diretta conseguenza della libertà espressiva dell’artista. Se all’artista viene riconosciuta la libertà, esso può variare la propria visione dell’arte, e, di conseguenza, può raggiungere obiettivi diversi, e migliori, rispetto agli artisti delle generazioni precedenti. Se il clima politico non è basato sul principio delle libertà individuali, appare evidente che anche l’artista non gode di quel fervore di ricerca e perfezione individuale, che, da sempre, rappresenta una motivazione fondamentale per i progressi dell’arte.

Pur senza considerarla una meccanica equazione, appare evidente che le libertà politiche creano un terreno fertile anche per l’arte, mentre la rigida coercizione dittatoriale, imprigionando la fantasia e la libertà creativa individuale, limitano le modificazioni dell’espressione artistica e l’evoluzione dello stile.

Il secondo motivo, che differenziò l’arte greca da quella egizia, fu di ordine culturale: gli egizi usavano l’arte figurativa, al pari della scrittura, per la comunicazione e la propaganda politica; i greci, invece, facevano arte per due diversi motivi: la bellezza e la conoscenza.

La bellezza, per i greci, non era solo decorazione, bensì il piacere per le cose giuste e perfette. La bellezza, abbiamo visto, per i greci aveva sempre un fondamento matematico. La bellezza rappresentava, in sostanza, l’ordine dell’universo. E l’attività artistica, se intesa come rappresentazione del reale, è sempre un metodo per attingere la «conoscenza».

Se la democrazia fu la premessa per lo sviluppo dell’arte greca, l’ansia di conoscenza ne fu invece la spinta principale. Non a caso, nell’antica Grecia, oltre alla democrazia, nacque anche la filosofia. La filosofia, come attività conoscitiva basata sulla speculazione, fu il definitivo trionfo del linguaggio, inteso come strumento fondamentale del pensiero, e quindi della conoscenza. I greci, pur portando l’arte figurativa a livelli qualitativi mai prima raggiunti, di fatto la pose su un livello di importanza inferiore, decretandone la definitiva subordinazione alla parola.

Questa apparente contraddizione, appare in tutta la sua evidenza se si passa a considerare l’atteggiamento che i greci ebbero nei confronti degli artisti. Questi non furono mai considerati dei veri intellettuali. Anzi, con una punta anche di disprezzo, furono sempre considerati né più né meno che degli artigiani. Ovvero, dei tecnici, tanto che, in greco, l’arte figurativa veniva denominata con la parola «techne».

Un’altra contraddizione, in fondo anche questa solo apparente, fu l’utilizzo successivo dell’arte greca. Fino ai nostri giorni, l’arte classica è sempre stata quella a cui hanno ricorso i regimi «forti», dagli antichi romani alle dittature del XX secolo. Il «classico», come arte di regime, sembra una contraddizione con uno stile che nacque proprio dalla democrazia. In realtà, proprio per gli alti risultati raggiunti, l’arte greca è rimasta, nelle concezioni successive, come un risultato, non più perfezionabile, ma solo da imitare ed applicare. In tal modo, imponendo una visione artistica basata sul metodo applicativo e non sulla fantasia creatrice, il regime «forte», che ricorreva al classico, aveva buon gioco sulla pericolosa ed incontrollabile anarchia che l’arte, lasciata libera, poteva fomentare.

L’ellenismo

Viene universalmente riconosciuto che, la fase di maturazione dell’arte greca giunse, durante il V sec. a.C., nell’Atene di Pericle. È il periodo in cui operarono i grandi scultori quali Policleto, Mirone, Fidia. È il periodo in cui furono eretti i principali templi dell’acropoli di Atene. Su tutti, il Partenone, che rappresenta il maggior tempio greco mai costruito. A questa fase, ne seguì una successiva, coincidente con il IV sec. a.C., in cui l’arte greca si avviò a percorrere nuove vie. Con scultori come Skopas o Prassitele, si iniziò a sperimentare anche la rappresentazione del contenuto interiore e psicologico, e non solo della forma esteriore del corpo umano. Si iniziò ad utilizzare la rappresentazione per comunicare emozioni. L’intensità drammatica di azioni eroiche, o la rappresentazione di sensazioni quali la malinconia o l’estasi, divennero parametri nuovi dell’arte greca. Non più un’arte basata solo sul sereno godimento estetico della forma pura e perfetta.

E ciò si intensificò soprattutto nel periodo ellenistico. Con il termine ellenismo si intende il periodo che va dalla morte di Alessandro Magno (323 a.C.) alla conquista romana dell’Egitto, sancita dalla battaglia di Azio del 41 a.C. È questo il periodo che vide l’arte greca diffondersi per un’area molto vasta del bacino mediterraneo e dell’Asia mediorientale. Ad una fase, in cui l’arte greca era stata l’espressione nazionalistica di alcune polis greche, successe una fase in cui quest’arte divenne cosmopolita ed universale. Essa ebbe, quindi, come centri di produzione non solo Atene, ma anche Pergamo, Rodi, Antiochia e soprattutto Alessandria d’Egitto, la città fondata da Alessandro Magno alle foci del Nilo.

Alessandria divenne, in questo periodo, la vera capitale culturale dell’antichità. Centro in cui converse tutta la sapienza antica, il suo maggior monumento divenne la Biblioteca. In essa erano raccolti la maggior parte dei testi prodotti dal mondo classico. I numerosi incendi che subì, fino alla totale distruzione nel VII secolo ad opera degli arabi, ci hanno privato di una grande fonte di conoscenza sulla storia e sulla cultura antica.

L’arte ellenistica presenta caratteri che la differenziano da quell1a propriamente classica. Vengono sempre meno rispettati canoni quali la proporzione, la misura, l’equilibrio compositivo, per dar luogo a prodotti che miravano al meraviglioso, allo scenografico, e che utilizzano, quale criterio ideativo, la complessità e il virtuosismo tecnico. E, nell’arte ellenistica, specie nella rappresentazione umana, si assiste ad un maggior verismo e ad una maggior analisi anche introspettiva e psicologica, di contro all’arte classica che tendeva ad idealizzare le proprie rappresentazioni artistiche, limitandosi però alla sola forma esteriore dell’uomo.

L’arte ellenistica fu un fenomeno di ampia e profonda portata. Essa, non solo fu più estesa territorialmente, ma si aprì ad un pubblico molto più vasto, anche privato, non limitandosi alle funzioni civiche e religiose. La sua opera di divulgazione della civiltà artistica greca fu fondamentale sia per la successiva arte romana, sia per i riflessi che produsse sulla cultura bizantina e sulla coscienza artistica europea fino a tempi recenti.

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