Simone Martini

Pittore senese, vissuto tra il 1284 e 1344, Simone Martini è il pittore che più incarna lo spirito gotico della pittura senese nella prima metà del Trecento. Il distacco dalla maniera bizantina, nei pittori di stile gotico, si basa su alcune caratteristiche costanti: l’uso fondamentale della linea, soprattutto curva e sinuosa, per costruire l’immagine e l’apparato decorativo, l’uso di una grande vivacità cromatica, l’umanizzazione dei personaggi sacri a modo di uomini o dame di corte. Questi stessi parametri li ritroviamo tutti nella pittura di Simone Martini, pur se il suo linguaggio pittorico risente spesso dell’influenza giottesca.

Sua prima opera nota è la «Maestà» che egli realizza ad affresco, nel 1315, nella Sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena. In questo affresco è presente ovviamente l’influenza della grande pala di Duccio da Boninsegna, realizzata solo pochi anni prima, ma l’opera è già di decisa matrice gotica per la sua vivacità cromatica e per l’enfasi della linea.

Opera anch’egli ad Assisi, dove realizza le «Storie di San Martino» nella Basilica Inferiore, e nel 1317 è a Napoli, ospite dei sovrani angioini, per i quali dipinge la tavola raffigurante «San Ludovico da Tolosa che incorona Roberto d’Angiò».

La sua attività si svolge prevalentemente a Siena dove, tra l’altro, nel 1333 realizza uno dei suoi maggiori capolavori: la pala d’altare raffigurante l’Annunciazione, oggi conservata agli Uffizi di Firenze. Nel 1340, su invito di papa Benedetto XII, si trasferisce presso la corte papale di Avignone, dove vi rimase fino alla morte, avvenuta qualche anno dopo.

Annunciazione

L’Annunciazione che Simone Martini realizzò nel 1333 è sicuramente una delle più belle opere pittoriche di tutto il Trecento europeo. In essa si concentra tutta l’eleganza un po’ astratta dell’arte di Simone Martini. L’Annunciazione è uno dei soggetti più diffusi in assoluto di tutta l’arte di soggetto cristiano. La rappresentazione si basa essenzialmente sul racconto tratto dal vangelo di san Luca. L’arcangelo Gabriele si presenta alla Madonna per annunciarle la futura maternità. La Madonna, che in quel momento stava leggendo, accolse con stupore e un po’ di diffidenza l’annuncio dell’arcangelo, ma, dopo un istante di esitazione, accetta l’imminente nascita di Gesù. Il soggetto presenta alcuni elementi iconografici costanti: la presenza dei gigli, simbolo della verginità della Madonna, la colomba che simboleggia lo Spirito Santo, e il libro che, per tradizione, rivela la dimensione spirituale della Madonna. Questi elementi sono tutti presenti nella tavola di Simone Martini, ma qui l’artista inserisce qualcosa di più e di diverso rispetto ai canoni del tempo.

L’Annunciazione è stato un soggetto molto diffuso nell’arte cristiana per una finalità teologica ben precisa: la Chiesa ha sempre voluto sottolineare con forza la natura divina di Gesù, e questa natura divina viene espressa con l’accettazione che egli non è nato come gli altri uomini. Egli nasce senza concepimento da una donna che rimane vergine. L’impossibilità “umana” di un simile evento manifesta, appunto, la natura divina di Gesù. La cosa non è di poco conto, perché uno dei grandi contrasti espressi contro i fondamenti della Chiesa è stato appunto il dubbio sulla natura divina o solo umana di Gesù.

In questo caso, alla serietà e profondità del messaggio cristiano, Simone Martini aggiunge un’atmosfera da corte principesca che dà all’immagine un carattere quasi profano. L’artista ha scelto di rappresentare l’attimo della scena in cui la Madonna rimane perplessa e un po’ turbata dall’annuncio appena ricevuto. È una scelta abbastanza comune. Ma qui la Madonna ha un aspetto molto, ma molto, femminile e il suo atteggiamento assomiglia molto ad una gran dama che ascolta con fastidio la corte di un pretendente.

In realtà mai, fino ad ora (e spesso anche dopo) si era vista una Madonna dai caratteri così poco eterei e viceversa molto terreni. È una Madonna molto elegante e seducente, tutto l’opposto rispetto all’asessuata immagine alla quale si era abituati.

Lo spazio nella quale è collocata la scena è molto ristretto. Appena una linea divide il piano del pavimento da quello della parete di fondo. Questa limitatezza spaziale non mortifica l’immagine ma le dà, viceversa, un senso di maggiore intimità. La figura della Madonna è ricoperta, quasi per intero, da un mantello azzurro scuro senza alcun accenno di chiaroscuro o di lumeggiature. Tuttavia la figura non appare per nulla piatta o schiacciata, per la sapiente posizione nella quale viene collocata la figura della Madonna. Essa compie, infatti, una rotazione sul proprio asse in senso antiorario, mentre la testa si piega leggermente in senso contrario. Questa simultaneità di movimenti dà alla figura un aspetto naturalistico straordinario, facendo a meno di qualsiasi effetto di colore chiaroscurato, e al contempo dà alla figura della Madonna un’eleganza ancora più accentuata.

La tavola è stata realizzata da Simone Martini in collaborazione con il cognato Lippo Memmi. Benché non sia documentata la parte avuta dai due, si ritiene che la tavola centrale sia stata realizzata da Simone Martini, mentre i due santi negli sportelli laterali siano stati realizzati da Lippo Memmi. L’opera fu realizzata per essere collocata sull’altare di Sant’Ansano nel Duomo di Siena. Nel 1799 fu trasferita negli Uffizi di Firenze dove è attualmente conservata.

You may also like...